E’ un argomento che non ho mai toccato, anche perché questo sito si occupa più che altro di bambini molto piccoli di solito. La mia bambina però sta diventando grande e con lei si stanno arricchendo anche le tematiche da affrontare per la sua crescita.
Adesso va alla scuola dell’infanzia ed è dei “medi”, ormai una bambina con la sua personalità ben definita quindi. Ma in questo post per la verità non mi vorrei occupare di lei, perché sulla sua educazione credo di avere ancora tante domande, ma su alcune cose ho già delle risposte. Le sculacciate non sono un metodo educativo. Affermazione scontata? A quanto pare no.
Non è per niente scontata perché frequentando spesso persone che hanno bambini ci si rende conto che le sculacciate o le sberle sono spesso una via privilegiata di rapporto col bambino, addirittura qualcosa di cui vantarsi per certi genitori...
Ovviamente i genitori che leggono questo sito sapranno già queste cose, mentre purtroppo i genitori che ancora credono che picchiare i bambini sia giusto non lo leggeranno, o addirittura non avranno nemmeno internet, purtroppo è così.
Ma vi spiego il perché di questo mio post: l’altro giorno ho portato la mia bambina alla scuola di musica, un corso per bambini del tutto ritagliato sulle loro esigenze, dove più che altro si gioca e si familiarizza con gli strumenti musicali semplici e con il canto. Quel giorno ci annunciano che sta arrivando un bambino nuovo, ma alle 5, ora di inizio della lezione, non lo vediamo e la lezione inizia con giochi, suono di campanelli, etc.
Alle 5 e un quarto finalmente bussano alla porta, entrano bambino e mamma, il bimbo paonazzo in viso, sembrava sudato. La madre ci tiene subito a scusarsi del ritardo, ma il bambino non voleva venire, aveva dovuto picchiarlo per farlo partecipare alla lezione. Guardiamo bene: il bambino aveva il segno sulle guance delle dita della mano, abbastanza possente, della madre.
Il bambino si scopre è compagno di asilo di mia figlia, quindi l’insegnante di musica esorta gli altri bambini ad invitare il piccolo S. a partecipare alla lezione.
Mia figlia e un altro suo compagnuccio si apprestano a prenderlo per mano, S. fa resistenza. L’insegnante di musica sottolinea “Se non vuole non insistiamo, verrà quando vorrà”. S. a quella dolcezza si aggiunge al gruppetto di mascherine (era l’ultimo di carnevale).
La domanda sorge spontanea: che probabilità avrà quel bambino di amare la musica?
Ma non è l’unico esempio a cui ho assistito in questi anni…
D’altra parte è vero che ogni tanto i bambini ci fanno perdere la pazienza e anche alle mamme e ai papà più amorevoli sarà capitato l’istinto di voler dare uno sculaccione al proprio figlio. Non è facile fare i genitori e alcune volte davvero i tempi stretti, correre di qua e di là, dividersi tra diversi ruoli di mamme, papà, lavoratrici, mogli etc fanno sì che non sia facile gestire il nostro bambino in modo totalmente “pacifico”. Può capitare di perdere la pazienza, di urlare ad alta voce, certo non è "politically correct" e per niente sano, ma scagli la prima pietra il genitore a cui non è mai capitato di dare, per esempio, una sculacciata per pura disperazione. Non bisogna lasciarci sopraffare dai sensi di colpa, anche i nostri bambini hanno dalla loro parte delle risorse per capire che la mamma o il papà in quel momento hanno perso la pazienza. Non siamo dei genitori autoritari, ma dei genitori “umani”. L’importante sarà non considerare lo scappaccione “l’unica via” per fare capire al bambino certe cose.
Quello che mi fa pensare è però proprio il sentire comune che ancora pervade l’essere genitori: ad un buon genitore se il figlio è “disubbidente” tutto è concesso. Nel sentire comune a volte il buon genitore “deve” picchiare suo figlio. Sicuramente quella madre della scuola di musica si è sentita così: ha picchiato suo figlio a fin di bene.
Si parte dal presupposto che il bambino sia tiranno e in grado di far fare al genitore ciò che vuole. Lo si considera il coacervo di tutte le nefandezze: oltre a tiranno, fin da quando nasce, è furbo, tendente al vizio, manipolatore, testardo. E da qui tutte le pratiche per allontanarlo da noi: lo abbiamo scacciato dal nostro letto, lo abbiamo scacciato dalla nostra tavola, dal nostro seno ad una certa età, lo abbiamo affidato al nido anziché al nostro calore poche ore dopo la nascita.
D’altra parte però, prendere atto che il bambino non sia un piccolo tiranno non significa che se si comporta male dobbiamo fare finta di non sentire per il quieto vivere: il bambino ha bisogno della nostra guida e se il suo comportamento in quel momento è riprovevole dobbiamo intervenire dicendo che “così non si fa”.
Però non è temendo le nostre percosse che il bambino cambierà, semplicemente un bambino picchiato sarà a sua volta un genitore violento ed userà la violenza per risolvere le soluzioni difficili che gli capiteranno.
Un’altra cosa che sento spesso dire è che è difficile fare capire ai bambini che i loro comportamenti non sono giusti e quindi ben vengano le sberle. Certo si tratta di un metodo sbrigativo, in quel momento il comportamento “sbagliato” del figlio cesserà, se non altro per il dolore fisico arrecato. Ma in quel momento l’autostima di vostro figlio cadrà a picco. Il bambino invece che cosa cerca nei suoi genitori se non la fiducia in se stesso per fare da solo le cose?
Le botte come le sgridate sono umilianti per il bambino, lo si mette ad un livello inferiore rispetto a noi, colpevole se non altro di essere nato molto dopo di noi e di avere una statura che non gli permette il confronto fisico con noi.
Ma il bambino, se si comporta male, va ripreso per QUEL comportamento scorretto, non per il suo modo di essere. E rientriamo nell’ecologia della comunicazione umana in generale: se apostrofiamo un bambino con aggettivi tipo “stupidino” gli faremmo del bene? (E vi assicuro che questo linguaggio viene usato anche da certi insegnanti). “Sciocchino”, “disubbidiente” “diavoletto” sono degli aggettivi a cui il bambino non può replicare. Come sganciarsi da un aggettivo del genere detto da un adulto? Il bambino non ne ha la capacità. Oppure parafrasi tipo “hai lasciato il cervello in fondo alle scarpe?” oppure “Hai lasciato il cervello a casa? Vai a prenderlo!”. Ecco anche queste sgridate “a fin di bene” lasceranno il bambino privo di risposte e con molte domande. “Sono stupido, lo dice la maestra!”. L’ecologia della comunicazione umana suggerisce invece di sospendere il giudizio globale sulla persona quando si litiga e di prendere in considerazione solo quel particolare comportamento da riprendere.
Se per esempio il bambino, tanto per dire una situazione già sentita, sputa a scuola, non possiamo apostrofarlo con un giudizio negativo, inequivocabile e immodificabile su di lui tipo ”Sei un bambino maleducato”. Cosa ne ricaverà da tale affermazione incontrovertibile? Sarà solo una molla a comportarsi ancora così, tanto sa che è un bambino maleducato. Proviamo invece a circoscrivere il suo comportamento: “Questa cosa non si fa, è una cosa maleducata” va molto meglio, non è il bambino ad essere maleducato in generale, ma quel particolare comportamento in quel momento ad essere riprovevole. Hic e nunc, qui ed ora.
(Questo articolo l'ho scritto nel 2010, ma poi sono stata costretta a cancellarlo perchè alcune persone lo avevano preso di mira per riversare la loro rabbia commentandolo, persone anche di una certa cultura che stimavano l'educazione alla stessa stregua di un soggiorno alla caserma di "Full metal jacket" per intenderci. Spero che le loro fossero provocazioni e null'altro. Speriamo non capiti più. Ora lo ripubblico in occasione dell'uscita del libro di Oliver Maurel sulle sculacciate, ma ... indovinate un po', quel bambino, alla scuola di musica, non s'è visto più...)
Alcune letture:
Oliver Maurel, La sculacciata, Il leone Verde Edizioni, 2013
Jan Hunt, "Genitori con il cuore”, Leone Verde La leche league “Crescerli con amore” W. Sears, “bambini capricciosi” Red Edizioni Barth, Markus, “Il libro delle coccole”, Red Edizioni Marshall Rosenberg “Le parole sono finestre oppure muri”, ed. Esserci
Jespers Jull, "Il bambino è competente", Feltrinelli
E un sito: www.nontogliermiilsorriso.org
“Onora il padre, onora la madre e onora anche il loro bastone, bacia la mano che ruppe il tuo naso perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore non ho provato dolore. Quanto a mio padre si fermò il cuore non ho provato dolore.” (F. De Andrè - Il testamento di Tito)
Approfitto per ricordare ai lettori di questo blog che tutte le citazioni riguardo a libri che trovate qui sono libere e non retribuite (fatta eccezione per i libri che ho scritto io per ovvie ragioni: Via il pannolino e Massaggio infantile :).
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